Maria di Nazaret nei testi biblici (4): Il Vangelo di Paolo

Frei Diones Rafael Paganotto, oad

I nostri precedenti articoli hanno trattato della figura di Maria di Nazaret nei testi evangelici, oltre gli Atti degli Apostoli che fa seguito al vangelo di Luca. Paolo è l’autore dei testi cristiani più antichi, ma lo commentiamo adesso visto che seguiamo l’ordine canonico presente nel Nuovo Testamento. L’apostolo delle genti non menziona la madre di Gesù in testi narrativi, come i vangeli, ma in testi riflessivi presenti nelle lettere scritte in mezzo allo svolgimento della dottrina della giustificazione: Galati e Romani. I nostri precedenti articoli hanno trattato della figura di Maria di Nazaret nei testi evangelici, oltre gli Atti degli Apostoli che fa seguito al vangelo di Luca. Paolo è l’autore dei testi cristiani più antichi, ma lo commentiamo adesso visto che seguiamo l’ordine canonico presente nel Nuovo Testamento. L’apostolo delle genti non menziona la madre di Gesù in testi narrativi, come i vangeli, ma in testi riflessivi presenti nelle lettere scritte in mezzo allo svolgimento della dottrina della giustificazione: Galati e Romani. La madre di Gesù è velocemente citata in due testi che abbordano l’aspetto umano di Gesù. Proporremo la lettura di questi testi, così come abbiamo già fatto negli precedenti articoli, presentando tre spunti di riflessione. Ricordiamo che sarà una lettura spirituale su punti interessanti, non vogliamo fare un’analisi esegetica, nemmeno una lettura della teologia delle grandi lettere paoline.

 

Maria nel vangelo di Paolo (Gal 4; Rm 1)

Dopo l’incontro col Cristo, vicino a Damasco, Paolo si torna un legittimo apostolo che proclama il vangelo, mettendo in rilievo l’annuncio del Cristo crocifisso e risorto. Questo annuncio è visto come il “vangelo” di Paolo (Rm 2,16; 16,25; 1Cor 15,1-4; Gal 1,11-12) e sta presente nelle lettere scritte alle varie comunità fondate durante i viaggi missionari. Sono testi mirati che cercano di rispondere a dubbi e risolvere problemi che affliggevano i membri di queste piccole chiese sparse nel vasto territorio dell’Impero Romano verso la metà del primo secolo. L’apostolo non menziona il nome di Maria di Nazaret, nemmeno la denomina come la madre di Gesù. Di modo veloce e quasi impercettibile, nella lettera destinata alle comunità della Galazia, Paolo cita la nascita di Gesù da una donna. Riconosciamo questo testo cristologico come una citazione esplicita circa la maternità di Maria e che porta con sé un gran rilievo teologico che merita d’essere analizzato. Ecco il testo, secondo la versione CEI (2008):

Gal 4,4 Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, 5 per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli. 6 E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: “Abbà! Padre!”.

1) La madre nella pienezza del tempo: Paolo sviluppa la sua riflessione circa la filiazione divina all’inizio del c.4 della lettera ai Galati. Dopo la fondazione della comunità, alcuni cristiani di origine giudaica collocano i membri della comunità in crisi, visto che affermano la necessità della Legge mosaica per la salvezza, sminuendo il ruolo di Cristo nel processo salvifico. L’apostolo si dimostra totalmente contrario a questa lettura giudaizzante e menziona la nuova vita per quelli che seguono Cristo, visto che sono tornati figli di Dio attraverso il battesimo. Paolo presenta così la gratuità della salvezza e toglie importanza alla legge mosaica. La sua riflessione tiene inizio con la menzione della pienezza del krónos (tempo), visto come il tempo misurabile. Di fatto, la lettura cronologica giudaica vede il tempo come una linea, con un inizio ed un fine. Paolo rilegge questa linea e non considera il punto più importante la fine del tempo, la consumazione del tempo, ma indica l’incarnazione come il punto massimo, la pienezza del tempo grazie all’arrivo del Figlio di Dio. La madre viene collocata come personaggio di rilievo all’interno della pienezza del tempo, lei partecipa e vive questo momento unico e irripetibile che le comunità della Galazia ne sentono gli effetti salvifici.

2) La madre è una donna: questo secondo punto di riflessione sta in stretto contatto con quello anteriore. Il Figlio di Dio è nato da una donna. L’azione comincia con Dio, il quale inviò il suo Figlio, ma l’azione passa attraverso una donna. Ovviamente l’invio non è contemporaneo alla nascita. La donna garantisce la caratteristica umana del Figlio di Dio, di colui che è allo stesso tempo uomo e Dio e può così garantire la perfetta unione tra l’umanità e la divinità. Lo sintagma da donna deriva dal testo originale greco ek gunaikós, mentre la traduzione latina utilizza l’espressione ex muliere: è possibile percepire che sono due preposizioni che indicano un movimento in uscita. Il Figlio viene da Dio, ma “esce” da una donna. Infatti, si potrebbe rileggere il testo paolino come l’invio del Figlio dalla parte di Dio e la sua generazione generazione umana grazie ad una donna. I due momenti non stanno allo stesso livello qualitativo, ma si completano a vicenda per garantire l’adozione filiale e la salvezza.

3) La madre in rapporto alla Trinità: dopo la menzione del riscatto dalla Legge all’inizio del c.4, Paolo si colloca nel gruppo di quelli che ricevono l’adozione filiale, visto che l’apostolo utilizza il verbo nella prima persona plurale. Egli riconosce l’importantissimo ruolo della madre nella pienezza del tempo e nella nascita umana del Figlio, ma non chiarisce se la propria madre abbia ricevuto l’adozione filiale, per mezzo del Figlio, come tutti gli altri figli di Dio. La conclusione della pericope è trinitaria, visto che Dio invia lo Spirito del Figlio ai nostri cuori. Le persone divine sono presentate come partecipi di un tempo nuovo ed unico, di un momento soteriologico straordinario e irripetibile. Infatti, il periodo della schiavitù (Gl 4,3) lascia spazio al nuovo tempo del riscatto e dell’adozione filiale (Gl 4,4-6). Come la madre partecipa di questi due momenti: la schiavitù della Legge prima di Cristo e la novità dello Spirito dopo Cristo, percepiamo che anche lei riceve l’adozione filiale grazie al suo proprio Figlio! Come tutti gli altri figli di Dio, Maria viene salvata dal suo Figlio Gesù Cristo, nella pienezza del tempo in un’azione trinitaria, poiché anche lei grida Abbà, Padre!

Oltre alla lettera ai Galati, Paolo menziona l’umanità di Gesù anche nella lettera ai Romani. Mentre il testo scritto alle comunità della Galazia cita la madre di modo esplicito, quello scritto alla comunità cristiana di Roma menziona appena l’aspetto umano del Figlio, perciò la comprensione mariologica è implicita e relazionata alla discendenza davidica. Ecco il testo, secondo la versione CEI (2008):

Rm 1,1 Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per chiamata, scelto per annunciare il vangelo di Dio 2 che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture 3 e che riguarda il Figlio suo, nato dal seme di Davide secondo la carne, 4 costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità, in virtù della risurrezione dei morti, Gesù Cristo nostro Signore.

1) La madre non è menzionata esplicitamente: la lettura di questo testo, in parallelo con quello destinato ai Galati, dimostra la coscienza paolina circa la maternità di Maria. Non possiamo pensare che se un dato storico non è citato nel testo biblico significa che questo dato non fossi conosciuto o non sia stato considerato importante. Certi elementi non sono menzionati perché conosciuti da tutta la comunità e gli autori biblici non ritenettero necessario le loro citazioni o ripetizioni. Dalla lettura della lettera ai Romani è possibile percepire che alcuni membri della comunità di Roma provengono da altre parti dell’Impero, tra le quali anche la Giudea e la Galilea possono starci. Così tali membri potrebbero tranquillamente aver conosciuto le tradizioni circa la madre di Gesù e che stanno presenti nei testi evangelici di Matteo e Luca. Paolo non ha ritenuto importante la menzione, ma non significa che non la conoscesse. La madre non è menzionata esplicitamente così come i miracoli compiuti da Gesù e le parabole da lui raccontate, però tutti questi elementi sono fondamentali nella comprensione globale del ministero messianico di Gesù Cristo. Possiamo concludere così che la madre fosse conosciuta tanto dall’apostolo come dalla comunità, o da alcuni dei suoi membri. La mancanza citazioni esplicite non sminuisce l’importanza di Maria di Nazaret all’interno dei testi paolini.

2) La madre e il seme di Davide: Paolo dimostra la preoccupazione in evidenziare la genealogia di Gesù, come un uomo che discende dal grande re del popolo di Israele, il re Davide. L’apostolo non cita il nome di Giuseppe, come lo fa l’evangelista Luca né il nome della madre (Lc 1,27). Il suo pensiero si concentra sull’aspetto umano di Cristo Gesù, così come il Figlio era nato da donna nella lettera ai Galati, l’origine del Figlio è menzionata attraverso la stessa preposizione: il testo originale greco cita ek spérmatos, mentre la traduzione latina utilizza l’espressione ex semine. Potremo dire che Paolo utilizza la stessa linea teologica già sviluppata precedentemente, ma fa un passo in avanti al collegare Gesù con Davide, oltre alla nascita da una donna (Galati), Gesù appartiene alla stirpe di Davide (Romani). Questa affermazione non si contrappone al concepimento verginale di Gesù, visto che non possiede un significato fisiologico, ma familiare e teologico. L’apostolo vuole ingrandire l’importanza di Gesù e così, implicitamente, sottintende la presenza fondamentale della madre che garantisce la trasmissione all’interno della stirpe reale.

3) La madre e il vangelo di Dio: il testo della lettera ai Romani fa parte dello praescriptum, elemento tipico delle epistole antiche. Paolo cita il suo proprio nome come autore, oltre i destinatari e i tipici saluti. All’interno della sua autopresentazione, l’apostolo cita alcune caratteristiche che gli sono particolari: servo di Gesù Cristo, chiamato ad essere apostolo e separato per proclamare il vangelo di Dio. La stirpe di Davide, con la comprensione dell’aspetto familiare e teologico della maternità di Maria, si colloca all’interno di questo vangelo proclamato da Paolo. La madre viene così collocata implicitamente all’interno del vangelo di Dio, subito all’inizio della più importante lettera paolina. Lei fa parte della buona notizia di salvezza, non come colei che prende il posto al Figlio, ma come la madre che partecipa nel silenzio e di modo implicito. Lei garantisce l’aspetto familiare della stirpe di Davide, insieme a Giuseppe, e fa parte dell’immenso messaggio evangelico di salvezza. .

Artigo publicado na revista Presenza Agostiniana, n. 4, lug./ott. 2017, p. 15-18

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