Maria di Nazaret nei testi biblici (3): Il Vangelo di Giovanni

Frei Diones Rafael Paganotto, oad

Il nostro secondo articolo (cf. Presenza Agostiniana mar./apr. 2017, p. 19-23) ha preso in considerazione testi del vangelo di Luca circa la figura di Maria di Nazaret. Concludiamo la nostra carrellata evangelica con l’ultimo dei vangeli canonici, quello di Giovanni. Mentre Matteo e Luca collocano Maria nei primi capitoli riguardanti l’infanzia di Gesù, Giovanni menziona la madre all’inizio e alla fine del suo ministero salvifico. Infatti, lei compare in un matrimonio a Cana di Galilea (Gv 2,1-12) e ai piedi della croce (Gv 19,25-27). Sono racconti semplici e molto profondi simbolicamente, visto che l’evangelista non menziona il nome di Maria, ma la chiama come la “madre di Gesù” e le volte in cui lui si rivolge a lei, le chiama “donna”. Proporremo la lettura di questi due episodi, così come abbiamo già fatto negli articoli anteriori, presentando tre spunti di riflessione. Ricordiamo che sarà una lettura spirituale su punti interessanti, non vogliamo fare un’analisi esegetica nemmeno una lettura esaustiva della teologia del quarto vangelo.

 

Maria nel vangelo di Giovanni: le nozze di Cana (Gv 2,1-12)

La pericope del matrimonio in Cana di Galilea (Gv 2,1-12) è un testo utilizzato in celebrazioni matrimonialim in alcune festività liturgiche centrate nella figura di Maria e all’inizio del ministero pubblico di Gesù. Ecco il testo, secondo la versione CEI (2008):

Gv 2,1 Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. 2 Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. 3 Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». 4 E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». 5 Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». 6 Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. 7 E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. 8 Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. 9 Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo 10 e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». 11 Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui. 12 Dopo questo fatto scese a Cafàrnao, insieme a sua madre, ai suoi fratelli e ai suoi discepoli. Là rimasero pochi giorni.

1) La madre in secondo piano: il quarto vangelo è um testo altamente simbolico, scritto dopo gli altri vangeli canonici. L’autore e la comunità cercano di trasmettere e meditare elementi sotto una perpettiva diversa da quella presente negli altri vangeli. Giovanni è l’unico che narra il matrimonio in Cana di Galilea e la trasformazione dell’acqua in vino è chiamata “segno” e non miracolo. La madre di Gesù è il primo personaggio citato nel racconto, mentre Gesù con i suoi discepoli vengono menzionati in seguito. La menzione della madre all’inizio non vuole, però, enfatizzarla come il personaggio principale, visto che il verbo sta all’imperfetto: “c’era, stava presente”, mentre il verbo che si referisce a Gesù sta all’aoristo, un tempo che trasmette l’idea di un avvenimento passato: “fu invitato”. Questa finezza literaria porta la nostra attenzione a Gesù, visto che i suoi discepli gli fanno compagnia, nel momento in cui la madre stava presente. Lei è menzionata all’inizio e il lettore già crea nel suo immaginario la presenza maternale nel matrimonio, ma quando il figlio è citato, l’attenzione viene totalmente trasferita su di lui. Perciò, Gesù è il protagonista, il personaggio principale su cui gireranno gli eventi straordinari della trasformazione dell’acqua e della fede dei discepoli. La madre appare, così, in un secondo piano, ma fondamentale. Lei dà inizio al racconto e al dialogo, in seguito il figlio prende le redine della situazione e la madre rimane in silenzio fino alla fine dell’episodio. Il silenzio non significa che lei ha perso il suo ruolo o non ha accettato il secondo piano, visto che con la sua affermazione: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela” indica la conscienza e l’importanza maternale all’interno dello svolgimento del segno.

2) La madre è una donna in un matrimonio: l’unico personaggio nominato esplicitamente è Gesù, oltre i luoghi geografici di Cana e Cafarnao, insieme alla regione della Galilea. Ciò dimostra, ancora una volta, che Gesù è il protagonista del matrimonio. Lo sposo viene citato alla fine, chiamato da colui che dirigeva il banchetto, ma non gli risponde circa il vino buono tenuto da parte. Lo sposo non dice assolutamente niente! Il suo ruolo è marginale, mentre la madre ha un ruolo secondario, qualcosa di molto diverso. La sposa non è menziona e non sappiamo dove fossi in quei momenti critici della festa matrimoniale. La sposa non è protagonista nel suo proprio matrimonio. Se lo sposo rimane ai margini, la sposa ancora di più. Il nome della madre di Gesù non appare nel racconto evangelico, così come il nome del discepolo che Gesù amava. L’evangelista sapeva i suoi nomi, tanto che sino Giuseppe viene citato (Gv 6,42). Perciò, la presenza della madre va oltre a qualcosa di fisico, ma assume una portata simbolica. Lei stava presente al matrimonio che non era suo, ma ha percepito le necessità immediate ed è andata incontro a colui che poteva cambiare le ordini delle cose. Lei è l’unica donna citata nel matrimonio perchè ha assunto un ruolo importantissimo in quell’evento, non qualcosa come la sottomissione al figlio o come una semplice portavoce, ma come colei che sa il suo posto e si fa sentire nei momenti più importanti. Il responsabile del matrimonio, lo sposo, la sposa e i presenti non hanno percepito la sua preocupazione, ma il lettore sì, ragion per cui questo evento è un prototipo degli altri che verranno citati in seguito come segni realizzati da Gesù.

3) La madre non ha bisogno del segno per credere: il testo ha un finale in aperto, visto che non sappimo cosa sia successo dopo l’incontro tra il responsabile del matrimonio e lo sposo. Ovviamente, l’intenzione di Giovanni non era dimostrare che la festa fu salvata da Gesù, ma che lui diede inizio ai segni per due motivi: la manifestazione della sua gloria e la fede dei discepoli in lui. All’inizio del racconto Gesù viene menzionato assieme ai discepoli e alla madre, ma alla conclusione soltanto i discepoli appaiono di nuovo. Perchè l’evangelista non cita la madre tra quelli che devono percepire la gloria ed aumentare la fede? La madre è il simbolo di quelli che non hanno bisogno di vedere per credere (Gv 20,29). Possiamo fare una lettura sinottica col vangelo di Luca: come la madre sapeva sin dall’annunzio dell’angelo l’importanza e il significato della missione del suo figlio, il segno dell’acqua trasformata in vino soltanto le conferma la fede nel proprio figlio! Lei non aveva bisogno di quel segno per credere o riconoscere la gloria di Dio, così come i discepoli. La sua fede era già matura a quel punto, per questo che intercede e chiede al figlio che faccia qualcosa di fronte alla mancanza di vino.

 

Maria nel vangelo di Giovanni: la croce (Gv 19,25-27)

Giovanni dedica due capitoli alla narrazione della passione e morte di Cristo in croce (18–19). Mentre gli altri evangelisti dicono che un gruppo di donne rimaneva distante della croce, il quarto vangelo riporta questo gruppo di donne, assieme al discepolo che Gesù amava, ai piedi della croce. Ecco il testo, secondo la versione CEI (2008):

Gv 19,25 Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. 26 Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». 27 Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.

1) La madre di nuovo in secondo piano: la lettura di questa seconda pericope dimostra molti elementi simili a quella anteriore. Vorrei chiamare l’attenzione alla citazione della madre subito all’inizio con un verbo all’imperfetto, dimostrando che il protagonista della scena è Gesù, il quale compie un’azione con un verbo all’aoristo. I nomi delle altre donne sono menzionate, visto che sono personaggi conosciuti dai lettori del vangelo; la madre, però, assume di nuovo una portata simbolica ed il suo nome non è citato. Lei non può guardare a distanza o far conto di niente, come tanti che sono passati nelle vicinanze della croce, lei non rinnega il figlio come Pietro (Gv 18,17.25-27) o se ne và come altri discepoli, lei rimane ai piedi della croce. Dalla predicazione del figlio sapeva che ciò accadrebbe, ma ha rispettato i disegni salvifici e la consegna di Gesù. Lei rimane in secondo piano, ma non abbandona il figlio in nessun momento della sua vita.

2) La madre di fronte al figlio: lei non dice nulla, ma il lettore può immaginare ciò che si passa nel suo cuore. In efetti, vorrei porre una questione: la madre ha sofferto o sentito dolore di fronte al figlio? “Dolore” e “soffrire” sono termini che derivano dal latino, il (dolor) significa subire una sensazione spiacevole, il secondo (sufferre – composto di sub [sotto] e fero [portare]) significa sopportare una sensazione spiacevole. Il dolore sta collegado all’elemento fisico del malessere, già la sofferenza rimette all’elemento mentale o spirituale che si relaziona col proprio motivo spiacevole. Di fronte alla morte del figlio, la madre subisce il dolore fisico perchè gli ha generato, è carne dalla sua carne, ossa dalle sue ossa (Gn 2,23); ma quello che veramente gli strozza il cuore è la sofferenza dinanzi l’ingiustizia della croce, il suo soffrire ha avuto inizio sin dalla prigione del figlio e rimarrà fino la risurrezione. Tanto il dolore come il soffrire sono presenti ai piedi della croce, ma spariscono con la vita nuova del risorto.

3) La prossimità tra la madre e il discepolo: il discepolo ubbidisce il desiderio del suo maestro ed accoglie la madre con sé. Questa prossimità non è qualcosa di nuovo per colui che si è messo nel discepolato, visto che dopo la testimonianza di Giovanni Battista, Gesù cominciò ad aggruppare attorno a sé alcuni discepoli, i quali gli seguirono nei viaggi a Gerusalemme e testimoniarono i principali segni compiuti dal Nazareno. Oltre la madre, anche i discepoli erano presenti nelle nozze di Cana. Possiamo così dedurre che la madre ha seguito il figlio in questi spostamenti. Pertanto, la prossimità tra la madre e il discepolo non è qualcosa cominciata nella croce, ma già presente nei primi capitoli del vangelo di Giovanni. La croce rafforza la prossimità tra la madre ed il discepolo, visto che Gesù propone che il discepolo sia, da quel momento, un figlio per la madre. Il discepolo non sostituisce, ovviamente, il proprio Gesù, ma accoglie quella donna come la sua propria madre e vede in lei un grande dono lasciato dal suo maestro: ogni volta che vede la madre o le fa qualcosa, è come se vedesse il proprio maestro o gli facesse qualcosa. Gesù è il collegamento tra la madre e il discepolo che sempre furono prossimi, ma la croce ha rafforzato questa prossimità.

Artigo publicado na revista Presenza Agostiniana, n. 3, mag./giu. 2017, p. 27-30

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