Maria di Nazaret nei testi biblici (2): Il Vangelo di Luca

Frei Diones Rafael Paganotto, oad

Il nostro precedente articolo (cf. Presenza Agostiniana genn./febb. 2017, p. 38-41) ha preso in considerazione alcuni testi dei vangeli di Matteo e Marco circa la figura di Maria di Nazaret. Lo spazio dedicato alla madre di Cristo è minimo, appena alcuni versetti, tanto che Maria praticamente non parla nei primi due vangeli canonici. Tutt’altra è la situazione nel terzo vangelo. Infatti, l’evangelista Luca dedica molta attenzione a Maria nei primi due capitoli del suo testo, i quali si concentrano sull’infanzia di Gesù e collocano la madre in praticamente tutti gli episodi: Maria riceve l’nnuncio della nascita di Gesù (Lc 1,26-38), visita Elisabetta (Lc 1,39-45), proclama il Magnificat (Lc 1,46-56), ovviamente participa alla nascita di Gesù (Lc 2,1-20), presenta il figlio al Tempio e incontra con Simeone ed Anna (Lc 2,21-38), oltre a portare il figlio dodecene al Tempio (Lc 2,41-52).

Sarebbe un esagero considerare questi due capitoli come “mariologici”, visto che tutto il vangelo è cristologico, ma Lucca vuole presentare sin dall’inizio del suo vangelo la presenza della madre nella vita del figlio, oltre a sottolineare l’importanza di Giovanni Battista come colui che fa l’abbotonatura tra l’Antico Testamento e la novità portata da Gesù di Nazaret.

 

Maria nel vangelo di Luca (Lc 1,39-45)

Visto che la pericope dell’anuncio della nascita di Gesù (Lc 1,26-38) è constantemente proposta nelle principali celebrazioni liturgiche incentrate su Maria, mentre la nascita di Gesù (Lc 2,1-20) e gli episodi attorno al Tempio (Lc 2,21-38.41-52) sono continuamente meditati nel periodo di Natale, proponiamo i brani della visita di Maria a Elisabetta (Lc 1,39-45) e della vita di Gesù a Nazaret (Lc 2,39-40) come spunti di riflessione circa la figura della madre di Gesù nel vangelo lucano. Ecco primo il testo, secondo la versione CEI (2008):

Lc 1,39 In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. 40 Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. 41 Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo 42 ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43 A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? 44 Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. 45 E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

1) Maria parte e si colloca in cammino: dopo che Maria ha accettato la proposta divina attraverso l’annuncio dell’angelo, lei si mette a cammino verso la regione montuosa di Giuda. Questo viaggio ha avuto inizio «in quei giorni», non sappiamo se la sua partenza è stata immediata o se Maria ha meditato alcuni giorni l’episodio che ha cambiato completamente la sua esistenza e dopo si è avviata verso la regione montuosa. L’importante, però, è la partenza! Maria si alza e và in fretta verso la sua parente Elisabetta. Dopo aver preso la ferma decisione, lei fa un lungo cammino di oltre cento chilometri, in mezzo alle montagne, per arrivare dai suoi parenti. L’annuncio dell’angelo ha chiamato l’attenzione di Maria su due punti: lei si tornerebbe la madre del Signore ed Elisabetta era già incinta! La futura nascita di due bambini provoca la gioia, ma al tempo stesso due situazioni di rischio, vista l’avanzata età della parente e il matrimonio incamminato com Giuseppe. Maria parte per un cammino che durerà tutta la sua vita, qualcosa che và oltre quei tanti chilometri, e porta nel cuore la nostalgia per rivedere la sua parente, la curiosità per verificare ciò che l’angelo ha comunicato, la disposizione per mettersi al servizio dell’anziana Elisabetta, ossia, il viaggio possiede tanti motivi, ma l’importante è la partenza, è la decisione di cominciare un nuovo ed affascinante pellegrinaggio.

2) Maria riconosce l’azione di Dio: l’arrivo di Maria alla casa di Elisabetta provoca qualcosa di straordinario, il nascituro sussulta nel grembo della madre anziana che riceve una visita. La gioia, però, non è soltanto di Elisabetta e suo figlio, anche Maria si rallegra, visto che lei ha la duplice conferma dell’azione di Dio nei suoi confronti. La prima prova è la gravidanza di Elizabetta, infatti l’angelo aveva già annunziato a Maria che per Dio nulla è impossibile (Lc 1,37) e lei può vedere con i propri occhi la generazione di una vita che l’è stata presentata come una conferma del piano di Dio; Maria riconosce così l’azione di Dio in Elisabetta. La seconda prova è l’affermazione di Elisabetta che Maria sta incinta quando le chiama «madre del mio Signore», di fatto lei si era autoriconosciuta come la serva del Signore e si era messa a disposizione di Dio (Lc 1,38), ma l’angelo non aveva affermato che in quel preciso instante il Verbo si sarebbe incarnato; Maria riconosce anche l’azione di Dio in sé stessa, giacchè le parole della sua parente confermano ciò che l’angelo le ha proposto. La riconoscenza, pertanto, dell’agire divino nella propria vita fà che il cammino intrapreso precedentemente per Maria abbia i primi frutti e sia allimentato attraverso gesti semplici e concreti. Chi non riconosce l’azione di Dio nella propria vita finisce per fermarsi nel cammino.

3) Maria è la madre del Signore: l’evangelista Luca sottolinea alcune espressioni proferite da Elisabetta nei confronti di Maria: benedetta, madre e beata. La prima e l’ultima affermazioni sottolineano un posto speciale per Maria nella storia della salvezza. Lei è riconosciuta come benedetta fra tutte le donne, un’affermazione costitutiva della preghiera dell’Ave Maria; il termo benedetta porta com sè l’idea che Dio dice il bene (bene dire) su Maria, siccome la parola di Dio è già un fatto concreto nel linguaggio biblico, il dire di Dio significa già la trasformazione operata dal bene, significa il ricevere una grazia speciale e si tornare la più benedetta tra tutte le creature. Maria è identificata anche come beata, una donna felice e gioiosa dinanzi la sua adesione fedele al Signore, essere beata significa avere la fede necessaria in qualsiasi situazione, pure nei momenti più difficili, la beatitudine mariana è quella di credere in una promessa, come Abramo, Mosè, Isaia e tanti altri personagi biblici. La seconda e centrale affermazione è quella di essere madre, uno strumento dello Spirito Santo per generare la vita, così come lo Spirito era stato promesso dall’angelo come ombra dell’Altissimo che sarebbe scesa su di lei (Lc 1,35), lo stesso Spirito colma Elisabetta nel riconoscere Maria come la madre del Signore, lei riceve il dono della maternità grazie alla sua disponibilità e ad un atto di Dio; quando l’umano e il divino s’incontrano una nuova vita viene generata, Maria non aveva il diritto di essere madre, ma questo grandissimo dono l’è stato concesso visto la sua fede e disponibilità.

 

Maria nel vangelo di Luca (Lc 2,39-40)

Dopo gli episodi attorno al Tempio de Gerusalemme, mentre il bambino aveva circa quaranta giorni, Luca riassume tutta l’infanzia di Gesù, fino ai dodici anni, in appena due versetti. Ecco il testo, secondo la versione CEI (2008):

Lc 2,39 Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret. 40 Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

1) La famiglia obbedisce la legge: la legge non era soltanto un insieme di precetti che dovevano essere eseguiti dai giudei, ma rappresenta l’identità di un popolo, la sua più grande ricchezza e il differenziale dinanzi gli altri popoli. Maria e Giuseppe hanno portato il bambino Gesù a Gerusalemme per adempiere la presentazione al Tempio perchè ritenevano che il rito di consacrazione al Signore era importantissimo per il loro figlio. L’adempimento della legge non significava una semplice prescrizione o una tradizione sociale, ma il necessario ricevimento di una caratteristica personale. Il bambino fa parte del popolo giudaico, prescelto da Dio secondo le Scritture, e riceve un modello religioso su cui crescere e fondare le più importanti decisioni della sua vita. Maria possiede la convinzione di che la religiosità è fondamentale per il suo figlio, perchè lei in primis ne ha fatto l’esperienza.

2) La famiglia possiede una dimora in Nazaret: il piccolo vilaggio di Nazaret si trovava nella regione della Galilea, nelle vicinanze del lago di Tiberiade, anche chiamato di lago Genesaret. Un tipico agglomerato giudaico situato in una regione desertica, dove gli abitanti sopravvivevano dall’agricoltura familiare e dall’artigianato. In questo posto semplice e umile Gesù trascorse la maggior parte della sua vita, un ambiente familiare dove praticamente tutti si conoscevano e probabilmente si aiutavano nei momenti di difficoltà. Maria e Giuseppe considerano Nazaret come la «loro città» e insegnano il bambino che anche lui fà parte di questo posto. Quel semplice vilaggio aveva i suoi limiti e problemi, ma ciò che la società non poteva offrire al bambino, di sicuro la sua famiglia poteva; Maria e Giuseppe non guardano le cose che Nazaret non poteva fornire, ma valorizzano le cose che il loro posto era in grado di dare al bambino, contribuendo così alla sua crescita come persona. Gesù impara a far parte di un società guidata dai precetti religiosi.

3) Il bambino cresce con un modello familiare: oltre all’aspetto religioso e civile, il bambino trova in Maria e Giuseppe il modello familiare per crescere e fortificarsi in «sapienza e grazia». La madre fornisce tutto che il figlio veramente necessita durante la sua infanzia: l’aspetto religioso (legge del Signore) e l’aspetto comunitario (Nazaret) unito alla presenza dei genitori. Gesù cresce non soltanto in età e statura, ma soprattutto in sapienza e grazia, ossia, l’ausilio divino che proporziona la conoscenza per affrontare le più diverse situazioni della vita, il saper vivere tutte le realtà innerenti l’esistenza come l’importanza dei rapporti umani, il dolore, le conquiste e le sconfitte. Maria aiuta il suo figlio ad essere una persona religiosa, un cittadino di bene e, soprattutto, un uomo sapiente.

Artigo publicado na revista Presenza Agostiniana, n. 2, mar./abr. 2017, p. 19-22.

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